In uno dei
passaggi più difficili della sua esistenza e della sua vicenda politica, quando
ormai il fascismo vincente pervadeva le organizzazioni, anche le più
periferiche, che avessero un qualche risvolto sociale o istituzionale, e
imponeva loro brutali cambiamenti di persone e conduzione, Berenini, in una
nota, da lui medesimo definita riservatissima, scriveva: ‘’Mi pare, del resto,
che il crudele castigo imposto all’incolpevole Fabro, possa bastare. Dico
crudele castigo perché io pongo sempre al di sopra della opportunità il senso
della giustizia, che è fatta di proporzione’’. La
situazione cui si riferiva Berenini è quella relativa alla Colonia agricola di
Scipione, (loc. di Salsomaggiore), emanazione del Patronato per i figli dei
contadini morti in guerra. Berenini, per lunghi anni alla presidenza
provinciale del Patronato, scrive a un personaggio influente, in n linguaggio
di estrema confidenza e circospezione per lui piuttosto inusuale. ‘’Se vorrai rispondermi la tua lettera sarà
segreta come questa che io ti scrivo con grande fiducia…’’ E’ occorso un
episodio, un ‘’incidente’’, che ha offerto al Prefetto e al fascismo locale il
pretesto per intervenire. ‘’Al povero Fabro furono consigliate (recte: imposte)
le dimissioni. La Colonia farà una perdita incolmabile: ma ci vuole l’esempio…
Ma perché le dimissioni del Consiglio? Perché il Commissario straordinario?’’
Si vuole impressionare ‘’sinistramente’’ l’opinione pubblica, gettare
discredito sul Patronato, si vuole ‘’far piazza pulita di tutti i residui
bereniniani’’? Può andar bene tutto, anche il sacrificio del presidente gen.
Galli ‘’notoriamente mio amico ’’, ma – ‘’posso unum? – non si provveda con un
commissario straordinario’’. ‘’… Io pongo
sempre al di sopra delle opportunità il
senso di giustizia, che è fatta di proporzione’’. Le parole di Berenini scritte in uno di quei momenti che squarciano
e disvelano la parte più nascosta di un animo, di una sensibilità umana e politica,
tornano insistenti, martellanti , alla nostra attenzione. Sono il suo
testamento morale. Il senso della giustizia, fatta di proporzione, di
equilibrio. Per
Berenini, per l’uomo oltre che, di volta
in volta, per il giurista, per l’avvocato, il politico Berenini, l’aderire al
proprio tempo , anche quando la battaglia quotidiana si fa più difficile poiché si è perso il controllo della
situazione, significa non superare mai quel limite, per lui invalicabile, del
senso di giustizia. Oltre il quale sta l’opportunità, forse anche l’opportunismo
in taluni casi. In questo
suo modo d’essere risiede, tra l’altro, l’atteggiamento di opposizione nei
confronti del fascismo, sia nelle sue scelte più note, dall’adesione al gruppo
democratico dell’Unione Nazionale di Giovanni Amendola – fu tra i primi
firmatari l’8 Novembre 1924- al voto contrario, in senato, alla legge
elettorale fascista il 12 Maggio 1928, sia nel suo più quotidiano, progressivo
distacco dalla vita politica e parlamentare, nel suo continuare il paziente
lavoro di giurista, quasi un ultimo tentativo di ritrovare un equilibrio, una
proporzione dentro i soverchiati cambiamenti imposti alla società e alle
istituzioni del regime. Questa
iniziale digressione su un documento apparentemente minore fra quelli contenuti nelle diciotto
buste dell’archivio donato alla famiglia Berenini all’Amministrazione Comunale
di Parma, può forse delineare meglio di più sistematici discorsi la figura di
Agostino Berenini. Un personaggio certamente complesso, ancora per certi versi
di cultura risorgimentale, carducciana in quella sua ricerca continua di
equilibrio tra sentimento e ragione: di
un classicismo che non nega gli afflati più poetici del riscatto sociale e dei
suoi manierismi, un classicismo le cui punte victorhughiane non offuscano la
solida e intimamente congeniale formazione positivista. Agostino
Berenini è una di quelle poche figure politiche locali ad avere, tra otto e
novecento, un’autentica dimensione nazionale. Tipica figura di penalista
socialista apparentemente agli orientamenti della scuola positiva di diritto
penale fondata da Cesare Lombroso, di origini alto borghesi, e certamente
massone, ben presto acquisisce notorietà negli ambienti forensi nazionali. E’
membro della direzione di molte riviste
giuridiche oltre che dell’Unione internazionale di diritto penale. Grande avvocato
ma anche grande accademico. Professore ordinario di diritto e procedure penale
l’Università di Sassari nel 1900, viene in seguito trasferito nell’ateneo
parmense, del quale fu rettore dal 1919
al 1925. La sua intensa attività di pubblicista e di docente si può rilevare in
numerosissimi titoli che riportiamo in appendice a questo volume. Esercita a
lungo, e con brillante successo, l’avvocatura: grandi processi del tempo,
Murri, Bastongi, Lusignani- Candian, lo vedono protagonista. Fa il suo
ingresso nella politica come radicale, nelle cui file viene eletto come
consigliere comunale a Parma nelle elezioni del novembre 1889 che portano alla
vittoria le forze progressiste e Berenini farà parte della prima giunta
democratica Mariotti. L’anno successivo si presenta, senza successo, candidato
radicale alle elezioni politiche. Nel 1891, grazie anche all’influenza
esercitata su di lui da Leonida Bissolati, con il quale stringerà un’amicizia
duratura, aderisce al socialismo. E’ sotto la sua bandiera che nel 1892, per la
prima volta, viene eletto deputato al Parlamento. Alla camera
rimane, rieletto in otto successive tornate, fino al 1921, sempre nello stesso collegio di Borgo S. Donnino,
instaurando uno stretto legame con gli elettori e gli interessi del suo collegio,
attraversando con successo anche nei momenti difficili e passaggi traumatici,
come nel 1909 quando si oppose vittoriosamente all’assalto del candidato
dell’Associazione agraria Luigi Lusignani, o come, dopo la guerra tripolina e la sua uscita dal Partito
Socialista per solidarietà con il gruppo degli espulsi guidati da Bissolati
affronta con successo la campagna elettorale del ’13. In questo frangente il
grosso del partito, il nucleo riformista della bassa e del borghigiano, lascia
il partito, creando una Federazione autonoma, e segue il suo capo storico, il
deputato che l’aveva guidato per tanti anni di vittoria in vittoria. Si era
creato un rapporto organico, un legame personale più forte di quello di
partito. Berenini è un personaggio autorevole, venerato. Scriveva due anni più tardi Giovanni Faraboli,
l’organizzatore delle leghe bracciantili e delle cooperative rosse di
Fontanelle: ‘’L’on. Berenini, dal quale si può dissentire o magari disapprovare
certi suoi atti (sic), è però sempre una figura alta e nobile, e ogni buon
socialista può sentirsi onorato di essere rappresentato nella vita pubblica da
una persona degna come lui ‘’. Questo
sembra essere il tratto principale di Berenini, la cifra che percorre tutta la
sua esistenza, e che troviamo documentata, via via, sia nelle testimonianze dei
contemporanei, sia nelle successive ricostruzioni biografiche. Nobiltà d’animo,
aristocrazia di pensiero, grande eloquenza:
nello stesso tempo un’incredibile
capacità di permeare con la sua azione politica, attenta anche ai
particolari più minuti, tutto ciò che lo circondava. Un personaggio che ha
lasciato un’impronta nel suo tempo. L’archivio,
donato con grande sensibilità dalla famiglia è quindi di enorme importanza per
cogliere tutti gli aspetti, anche i più nascosti, del dispiegarsi dell’azione
quotidiana di Berenini. In questi
ultimi tempi sono venute in soccorso, per capire la sua figura, anche alcune
pubblicazione di buon spessore che è opportuno segnalare. Quasi
contemporaneamente all’arrivo delle
carte del fondo bereniniano presso il nostro Archivio storico, usciva il citato
volume edito dal Comune di Fidenza e curato dalla cooperativa di ricerca
storica Pequod dal titolo Agostino
Berenini e la società fidentina tra ottocento e novecento, numero 5 della
collana Studi e Documenti. Dopo una prima parte dedicata alla società, nella
seconda parte si affronta direttamente la figura di Agostino Berenini, vista
sotto vari aspetti e differenti angolature. Si rimanda per tanto a quel volume
per ogni approfondimento. Incisivo l’intervento di Massimo Giuffredi
sull’aspetto più direttamente politico dell’azione e della vicenda bereniniana,
sui suoi rapporti con il padre del movimento democratico, garibaldino e
socialista del parmense, Luigi Musini, e, successivamente, la sua collocazione in
quell’ambito di riformismo socialista che si spinge, progressivamente, verso
gli approdi di una collaborazione di fatto con il giolittismo dominante, anche
attraverso il meccanismo degli stanziamenti ministeriali per i lavori pubblici
a favore delle cooperative bracciantili della bassa, come accuratamente
sottolinea Umberto Sereni nel suo volume sul movimento cooperativo parmense. Ma anche gli
altri contributi sul ‘’Berenini giurista’’ di Fabrizia Delbue, sul ‘’Berenini
parlamentare’’ di Franco Ferri, su ‘’Berenini e l’Università’’ e ‘’Berenini e
il fascismo’’ di Rossella Cantoni, su ‘’Berenini i il termalismo’’ di Maurizia
Bonatti Bacchini, illuminano tratti fondamentali della sua attività e del suo
modo di essere. Su tutti questi aspetti l’archivio, di cui oggi pubblichiamo
l’inventario, è di grande aiuto. Purtroppo, solo in parte poté essere compilato
all’epoca della pubblicazione fidentina. Una rivisitazione alla luce dei
risultati delle operazioni di riordino e inventariazione potrà quindi essere
effettuata, anche se credo si possa sostenere che i giudizi espressi
sull’operato di Berenini sono in larga misura condivisibili. Si tratterà,
quindi, piuttosto di un arricchimento, di una solidificazione e stratificazione
documentaria di cui tenere conto nelle ricerche future. Come
tuttavia spesso avviene, per nostra fortuna, quando si tratta di storia, ben
difficilmente si può affermare che è stata detta la parola definita su un
personaggio, un avvenimento. Anche in questo caso, mi pare che alcuni aspetti
della figura di Berenini siano stati quanto meno trascurati. La cultura
in Berenini, intesa nella sua complessità, e non sono nei suoi risvolti più
direttamente ‘’giuridici’’, dovrebbe essere meglio approfondita, anche in
riferimento alla sua appartenenza, non nascosta, alla massoneria. In questo
senso si potrebbero forse meglio comprendere alcuni passaggi decisi, quali
l’atteggiamento nei confronti della guerra di Libia, e il suo successivo
interventismo allo scoppio del conflitto mondiale. Interventismo democratico,
s’intende. ‘’O con la Germania medioevale che tenta di soffocare la Patria nel
cerchio asfissiante dell’egemonia teutonica, o con la democrazia in difesa
delle libertà e del progresso…La pace non si avrà se non quando la guerra
scatenata dalla furia imperialistica avrà restituito al popolo la loro
integrità nazionale e spente le ragioni dell’odio internazionale… Guai ai
vinti’’. Quattro giorni prima dello scoppio della guerra Berenini aveva
ribadito lo stesso concetto: ‘’Dobbiamo combattere non soltanto per la difesa
dei nostri confini nazionali per redimere gli italiani, che da anni giacciono
sotto la tirannia degli Asburgo, ma per difendere il proletariato di tutto il
mondo contro tutte le oppressioni’’. Di tono analogo, un altro discorso in
occasione del pellegrinaggio alla tomba e alla quercia del Tasso a Roma, sul
Gianicolo, una di quelle situazioni iniziatiche, così tipiche di quell’epoca caratterizzata
dal rapporto folla- personaggio carismatico. Berenini è da poco ministro del
Regno. Il suo intervento, dai toni carducciani, ma intriso anche di una mistica
ecletticamente ‘’nuova’’, è rivolta alla folla di studenti universitari,
giovani, popolo ‘’riverente, devoto, vibrante’, sottolinea il cronista. ‘’O
soldati, combattenti delle trincee, che versate il vostro sangue, che date la
vita in olocausto sull’altare della Patria, o uomini che operate, o giovani
studenti che vi accingete ad eroici cimenti, o fanciulli che vedrete le glorie
e le fortune, volgete lo sguardo ad Oriente d’onde viene una gran luce, una
luce che di sé accende più vivi i fari di Roma! Esse viene dal sepolcro di
Cristo liberato, di Cristo che confortò gli umili e i dolenti con la
promessa e con la fede di un avvenire di
Giustizia oltre umana. Ma quell’ora è venuta nella e per la vita, e già pur fra
il rombo delle artiglierie, fra le stragi, fra il sangue, già sentiamo il regno
della giustizia in terra. Sarà quella la pace, la pace che era ed è la bandiera
delle nostre armi, in lotta per conquistarla contro la violenza sopraffattrice.
Sarà la pace non dettata dal vincitore col piede sul collo del vinto, sarà la
pace del diritto, che redime in un sol punto vinti e vincitori!’’. Il brano
citato ci ha introdotto direttamente in un altro degli aspetti della biografia
bereniniana non ancora sufficientemente studiati e a approfonditi: Berenini
Ministro. Nell’ottobre
del ’17, nonostante la disapprovazione della neocostituita Unione socialista
italiana, alla quale successivamente aderirà,
Berenini entra a far parte del governo Orlando come Ministro della
Pubblica Istruzione, ruolo che ricoprirà fino al Giugno 1919. Assai
interessanti a questo riguardo i documenti presenti nell’archivio Berenini. Il
ministro si muove decisamente in direzione di una educazione ‘’popolare’’. Pur
nell’eccezionalità del momento politico (siamo all’ultimo anno di guerra,
prima, all’indomani di Caporetto, poi, all’euforia per la vittoria e quindi
all’inizio della crisi post- bellica con le recriminazioni montanti del paese
sulla vittoria mutilata), Berenini riesce a portare a termine la riforma della
scuola normale e un progetto di scambi culturali tra le nazioni di tutto il
mondo. Non giunge a termine, nonostante gli sforzi, il progetto di una scuola
popolare obbligatoria fino al 18esimo anno di età, nella quale insegnamento
elementare e professionale, che si sarebbe svolto nelle officine, erano
integrati l’uno all’altro. In quel
periodo entra anche in polemica con Giovanni Gentile che proponeva
restrizioni per l’accesso alle scuole statali per preservarne il carattere
elitario. Berenini si oppone, nella convinzione che lo Stato abbia il dovere di
fornire ai cittadini un’istruzione secondaria; progetta anzi l’istituzione,
accanto alle scuole classiche, di istituti a diverso indirizzo. Le carte dell’archivio
ci conducono anche attraverso l’attività parlamentare di Berenini, come membro,
ad esempio, della commissione per la riforma dell’Amministrazione dello Stato,
tema di grande attualità, o la riforma della legislazione penale militare.
Ampiamente documentata è poi quell’attività relativa alle varie cariche
rivestite da Berenini nel corso della sua lunghissima attività come uomo
pubblico; interessanti le carte relative all’ordine Costantiniano o il
ponderoso carteggio sul patronato provinciale per i figli dei contadini morti
in guerra, da cui abbiamo tratto la citazione iniziale. Forse
l’aspetto meno documentato e assente anche nella citata pubblicazione del
Comune di Fidenza è l’aspetto di Berenini amministratore locale, consigliere,
sia comunale sia provinciale, e assessore municipale. Qui ci soccorrono il
fondamentale lavoro di Carlotta Sorba e il più recente contributo di Stefano
Magagnoli per le preziosissime indicazioni metodologiche e le suggestive
ipotesi di lavoro. Tuttavia molto rimane da fare per quanto attiene l’operato
specifico di Berenini in quanto entrambi i contributi si riferiscono ovviamente
a tutta la classe dirigente locale, alla composizione, al ruolo, alle
politiche. Sarà quindi
importante ‘’leggere’ a questo riguardo, le carte Berenini insieme con quanto
contenuto nell’Archivio Storico Comunale. La puntuale ricerca sugli esordi
dell’attività amministrativa di Berenini può riservare infatti piacevoli
scoperte. Nel Novembre 1889, come più sopra accennato, le elezioni amministrative avevano portato
alla prima Amministrazione democratica di Mariotti, la quale non sarebbe durata
che pochi mesi, fino all’estate successiva. Il radicale Berenini operò come
Assessore all’istruzione, teatro e spettacoli e feste pubbliche. Riuscì in questa
fase ad impostare solo alcuni interventi, dato il breve tempo a disposizione,
quali l’introduzione dell’insegnamento della lingua francese nel ginnasio, o la
concessione gratuita delle palestre alle alunne delle scuole operaie, o la
creazione di luoghi di ricreazione per gli alunni dell’oltretorrente, o la
difesa della dote teatrale (l’opposizione veniva dall’interno della stessa
maggioranza) per la stagione d’opera del Teatro Regio. Più incisiva appare la
sua azione nel secondo mandato amministrativo. Dopo due anni di sostanziale
stasi dovuta alla presenza dei Commissari Regi, l’Amministrazione locale viene
riconquistata nel 1893 dalle forze popolari guidate ancora da Giovanni
Mariotti. Si apre un periodo di grande fervore, di grande attivismo amministrativo.
‘’Lavorare molto, parlare pochissimo’’ viene ripetendo Mariotti. Berenini è ora
socialista e gli viene affidata di nuovo la Pubblica Istruzione. Di lui da
apprezzare, ad esempio, il progetto delibera ‘’ di istruire in Parma un
ricreatorio civile, destinato a raccogliere nei giorni festivi e in quegli
altri che si crederà bene di stabilire, giovanetti, dagli 9 ai 16 anni, per
intrattenerli in divertimenti ed esercizi pedagogici e ginnastici di carattere
modernamente educativo e morale, a seconda dei regolamenti che verranno
dall’uopo formati, e di dare a detto ricreatorio il nome di Giuseppe
Garibaldi’’. Ma lasciamo
il Berenini amministratore locale, ancora in larga misura da scoprire, e
percorrendo questo inventario, ci accorgiamo dell’ampiezza straordinaria
dell’orizzonte in cui ha operato via via, il politico, il giurista,
l’amministratore, il professore, il ministro…ma forse non riusciamo neppure ad
arrivare ad una definizione precisa. Berenini è presente, e qui stava la sua
forza e la sua statura politica e morale, nei rapporti sociali e istituzionali,
con rara capacità di adesione ai problemi, di attenzione all’umanità presente
in ciascuno. Dobbiamo
ringraziare la famiglia, la figlia Franca e il genero generale Giuseppe
Calamani, che hanno consentito, con la loro donazione, di rendere pubblico il
percorso umano, civile e politico di Agostino Berenini, facendoci personalmente
scoprire, attraverso anche teneri ricordi familiari, gli aspetti meno noti
della sua personalità. Dobbiamo ringraziarli anche per la loro pazienza nei
confronti delle nostre lentezze nelle operazioni di riordino e di
inventariazione. Un grazie anche all’allora Assessore alla Cultura Fiorenzo
Sicuri che rese possibile, con il suo progetto relativo agli Archivi del
Novecento, il recupero di alcuni importanti fondi documentari da collocare
presso l’Archivio Storico Comunale.
Valerio Cervetti
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