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back ARCHIVIO DEL SENATORE AGOSTINO BERENINI (1858-1939)

In uno dei passaggi più difficili della sua esistenza e della sua vicenda politica, quando ormai il fascismo vincente pervadeva le organizzazioni, anche le più periferiche, che avessero un qualche risvolto sociale o istituzionale, e imponeva loro brutali cambiamenti di persone e conduzione, Berenini, in una nota, da lui medesimo definita riservatissima, scriveva: ‘’Mi pare, del resto, che il crudele castigo imposto all’incolpevole Fabro, possa bastare. Dico crudele castigo perché io pongo sempre al di sopra della opportunità il senso della giustizia, che è fatta di proporzione’’.

La situazione cui si riferiva Berenini è quella relativa alla Colonia agricola di Scipione, (loc. di Salsomaggiore), emanazione del Patronato per i figli dei contadini morti in guerra. Berenini, per lunghi anni alla presidenza provinciale del Patronato, scrive a un personaggio influente, in n linguaggio di estrema confidenza e circospezione per lui piuttosto inusuale.  ‘’Se vorrai rispondermi la tua lettera sarà segreta come questa che io ti scrivo con grande fiducia…’’ E’ occorso un episodio, un ‘’incidente’’, che ha offerto al Prefetto e al fascismo locale il pretesto per intervenire. ‘’Al povero Fabro furono consigliate (recte: imposte) le dimissioni. La Colonia farà una perdita incolmabile: ma ci vuole l’esempio… Ma perché le dimissioni del Consiglio? Perché il Commissario straordinario?’’ Si vuole impressionare ‘’sinistramente’’ l’opinione pubblica, gettare discredito sul Patronato, si vuole ‘’far piazza pulita di tutti i residui bereniniani’’? Può andar bene tutto, anche il sacrificio del presidente gen. Galli ‘’notoriamente mio amico ’’, ma – ‘’posso unum? – non si provveda con un commissario straordinario’’.

‘’… Io pongo sempre al di sopra delle opportunità  il senso di giustizia, che è fatta di proporzione’’.  Le parole di Berenini  scritte in uno di quei momenti che squarciano e disvelano la parte più nascosta di un animo, di una sensibilità umana e politica, tornano insistenti, martellanti , alla nostra attenzione. Sono il suo testamento morale. Il senso della giustizia, fatta di proporzione, di equilibrio.

Per Berenini, per l’uomo  oltre che, di volta in volta, per il giurista, per l’avvocato, il politico Berenini, l’aderire al proprio tempo , anche quando la battaglia quotidiana si fa più difficile  poiché si è perso il controllo della situazione, significa non superare mai quel limite, per lui invalicabile, del senso di giustizia. Oltre il quale sta l’opportunità, forse anche l’opportunismo in taluni casi.

In questo suo modo d’essere risiede, tra l’altro, l’atteggiamento di opposizione nei confronti del fascismo, sia nelle sue scelte più note, dall’adesione al gruppo democratico dell’Unione Nazionale di Giovanni Amendola – fu tra i primi firmatari l’8 Novembre 1924- al voto contrario, in senato, alla legge elettorale fascista il 12 Maggio 1928, sia nel suo più quotidiano, progressivo distacco dalla vita politica e parlamentare, nel suo continuare il paziente lavoro di giurista, quasi un ultimo tentativo di ritrovare un equilibrio, una proporzione dentro i soverchiati cambiamenti imposti alla società e alle istituzioni del regime.

Questa iniziale digressione su un documento apparentemente  minore fra quelli contenuti nelle diciotto buste dell’archivio donato alla famiglia Berenini all’Amministrazione Comunale di Parma, può forse delineare meglio di più sistematici discorsi la figura di Agostino Berenini. Un personaggio certamente complesso, ancora per certi versi di cultura risorgimentale, carducciana in quella sua ricerca continua di equilibrio tra sentimento e ragione:  di un classicismo che non nega gli afflati più poetici del riscatto sociale e dei suoi manierismi, un classicismo le cui punte victorhughiane non offuscano la solida e intimamente congeniale formazione positivista.

Agostino Berenini è una di quelle poche figure politiche locali ad avere, tra otto e novecento, un’autentica dimensione nazionale. Tipica figura di penalista socialista apparentemente agli orientamenti della scuola positiva di diritto penale fondata da Cesare Lombroso, di origini alto borghesi, e certamente massone, ben presto acquisisce notorietà negli ambienti forensi nazionali. E’ membro  della direzione di molte riviste giuridiche oltre che dell’Unione internazionale di diritto penale. Grande avvocato ma anche grande accademico. Professore ordinario di diritto e procedure penale l’Università di Sassari nel 1900, viene in seguito trasferito nell’ateneo parmense, del quale fu rettore  dal 1919 al 1925. La sua intensa attività di pubblicista e di docente si può rilevare in numerosissimi titoli che riportiamo in appendice a questo volume. Esercita a lungo, e con brillante successo, l’avvocatura: grandi processi del tempo, Murri, Bastongi, Lusignani- Candian, lo vedono protagonista.

Fa il suo ingresso nella politica come radicale, nelle cui file viene eletto come consigliere comunale a Parma nelle elezioni del novembre 1889 che portano alla vittoria le forze progressiste e Berenini farà parte della prima giunta democratica Mariotti. L’anno successivo si presenta, senza successo, candidato radicale alle elezioni politiche. Nel 1891, grazie anche all’influenza esercitata su di lui da Leonida Bissolati, con il quale stringerà un’amicizia duratura, aderisce al socialismo. E’ sotto la sua bandiera che nel 1892, per la prima volta, viene eletto deputato al Parlamento.

Alla camera rimane, rieletto in otto successive tornate, fino al 1921, sempre  nello stesso collegio di Borgo S. Donnino, instaurando uno stretto legame con gli elettori e gli interessi del suo collegio, attraversando con successo anche nei momenti difficili e passaggi traumatici, come nel 1909 quando si oppose vittoriosamente all’assalto del candidato dell’Associazione agraria Luigi Lusignani, o come, dopo  la guerra tripolina e la sua uscita dal Partito Socialista per solidarietà con il gruppo degli espulsi guidati da Bissolati affronta con successo la campagna elettorale del ’13. In questo frangente il grosso del partito, il nucleo riformista della bassa e del borghigiano, lascia il partito, creando una Federazione autonoma, e segue il suo capo storico, il deputato che l’aveva guidato per tanti anni di vittoria in vittoria. Si era creato un rapporto organico, un legame personale più forte di quello di partito. Berenini è un personaggio autorevole, venerato. Scriveva  due anni più tardi Giovanni Faraboli, l’organizzatore delle leghe bracciantili e delle cooperative rosse di Fontanelle: ‘’L’on. Berenini, dal quale si può dissentire o magari disapprovare certi suoi atti (sic), è però sempre una figura alta e nobile, e ogni buon socialista può sentirsi onorato di essere rappresentato nella vita pubblica da una persona degna come lui ‘’.

Questo sembra essere il tratto principale di Berenini, la cifra che percorre tutta la sua esistenza, e che troviamo documentata, via via, sia nelle testimonianze dei contemporanei, sia nelle successive ricostruzioni biografiche. Nobiltà d’animo, aristocrazia di pensiero, grande eloquenza:  nello stesso tempo un’incredibile  capacità di permeare con la sua azione politica, attenta anche ai particolari più minuti, tutto ciò che lo circondava. Un personaggio che ha lasciato un’impronta nel suo tempo.

L’archivio, donato con grande sensibilità dalla famiglia è quindi di enorme importanza per cogliere tutti gli aspetti, anche i più nascosti, del dispiegarsi dell’azione quotidiana di Berenini.

In questi ultimi tempi sono venute in soccorso, per capire la sua figura, anche alcune pubblicazione di buon spessore che è opportuno segnalare. Quasi contemporaneamente  all’arrivo delle carte del fondo bereniniano presso il nostro Archivio storico, usciva il citato volume edito dal Comune di Fidenza e curato dalla cooperativa di ricerca storica Pequod dal titolo Agostino Berenini e la società fidentina tra ottocento e novecento, numero 5 della collana Studi e Documenti. Dopo una prima parte dedicata alla società, nella seconda parte si affronta direttamente la figura di Agostino Berenini, vista sotto vari aspetti e differenti angolature. Si rimanda per tanto a quel volume per ogni approfondimento. Incisivo l’intervento di Massimo Giuffredi sull’aspetto più direttamente politico dell’azione e della vicenda bereniniana, sui suoi rapporti con il padre del movimento democratico, garibaldino e socialista del parmense, Luigi Musini, e, successivamente, la sua collocazione in quell’ambito di riformismo socialista che si spinge, progressivamente, verso gli approdi di una collaborazione di fatto con il giolittismo dominante, anche attraverso il meccanismo degli stanziamenti ministeriali per i lavori pubblici a favore delle cooperative bracciantili della bassa, come accuratamente sottolinea Umberto Sereni nel suo volume sul movimento cooperativo parmense.

Ma anche gli altri contributi sul ‘’Berenini giurista’’ di Fabrizia Delbue, sul ‘’Berenini parlamentare’’ di Franco Ferri, su ‘’Berenini e l’Università’’ e ‘’Berenini e il fascismo’’ di Rossella Cantoni, su ‘’Berenini i il termalismo’’ di Maurizia Bonatti Bacchini, illuminano tratti fondamentali della sua attività e del suo modo di essere. Su tutti questi aspetti l’archivio, di cui oggi pubblichiamo l’inventario, è di grande aiuto. Purtroppo, solo in parte poté essere compilato all’epoca della pubblicazione fidentina. Una rivisitazione alla luce dei risultati delle operazioni di riordino e inventariazione potrà quindi essere effettuata, anche se credo si possa sostenere che i giudizi espressi sull’operato di Berenini sono in larga misura condivisibili. Si tratterà, quindi, piuttosto di un arricchimento, di una solidificazione e stratificazione documentaria di cui tenere conto nelle ricerche future.

Come tuttavia spesso avviene, per nostra fortuna, quando si tratta di storia, ben difficilmente si può affermare che è stata detta la parola definita su un personaggio, un avvenimento. Anche in questo caso, mi pare che alcuni aspetti della figura di Berenini siano stati quanto meno trascurati.

La cultura in Berenini, intesa nella sua complessità, e non sono nei suoi risvolti più direttamente ‘’giuridici’’, dovrebbe essere meglio approfondita, anche in riferimento alla sua appartenenza, non nascosta, alla massoneria. In questo senso si potrebbero forse meglio comprendere alcuni passaggi decisi, quali l’atteggiamento nei confronti della guerra di Libia, e il suo successivo interventismo allo scoppio del conflitto mondiale. Interventismo democratico, s’intende. ‘’O con la Germania medioevale che tenta di soffocare la Patria nel cerchio asfissiante dell’egemonia teutonica, o con la democrazia in difesa delle libertà e del progresso…La pace non si avrà se non quando la guerra scatenata dalla furia imperialistica avrà restituito al popolo la loro integrità nazionale e spente le ragioni dell’odio internazionale… Guai ai vinti’’. Quattro giorni prima dello scoppio della guerra Berenini aveva ribadito lo stesso concetto: ‘’Dobbiamo combattere non soltanto per la difesa dei nostri confini nazionali per redimere gli italiani, che da anni giacciono sotto la tirannia degli Asburgo, ma per difendere il proletariato di tutto il mondo contro tutte le oppressioni’’. Di tono analogo, un altro discorso in occasione del pellegrinaggio alla tomba e alla quercia del Tasso a Roma, sul Gianicolo, una di quelle situazioni iniziatiche, così tipiche di quell’epoca caratterizzata dal rapporto folla- personaggio carismatico. Berenini è da poco ministro del Regno. Il suo intervento, dai toni carducciani, ma intriso anche di una mistica ecletticamente ‘’nuova’’, è rivolta alla folla di studenti universitari, giovani, popolo ‘’riverente, devoto, vibrante’, sottolinea il cronista. ‘’O soldati, combattenti delle trincee, che versate il vostro sangue, che date la vita in olocausto sull’altare della Patria, o uomini che operate, o giovani studenti che vi accingete ad eroici cimenti, o fanciulli che vedrete le glorie e le fortune, volgete lo sguardo ad Oriente d’onde viene una gran luce, una luce che di sé accende più vivi i fari di Roma! Esse viene dal sepolcro di Cristo liberato, di Cristo che confortò gli umili e i dolenti con la promessa  e con la fede di un avvenire di Giustizia oltre umana. Ma quell’ora è venuta nella e per la vita, e già pur fra il rombo delle artiglierie, fra le stragi, fra il sangue, già sentiamo il regno della giustizia in terra. Sarà quella la pace, la pace che era ed è la bandiera delle nostre armi, in lotta per conquistarla contro la violenza sopraffattrice. Sarà la pace non dettata dal vincitore col piede sul collo del vinto, sarà la pace del diritto, che redime in un sol punto vinti e vincitori!’’.

Il brano citato ci ha introdotto direttamente in un altro degli aspetti della biografia bereniniana non ancora sufficientemente studiati e a approfonditi: Berenini Ministro.

Nell’ottobre del ’17, nonostante la disapprovazione della neocostituita Unione socialista italiana, alla quale successivamente aderirà,  Berenini entra a far parte del governo Orlando come Ministro della Pubblica Istruzione, ruolo che ricoprirà fino al Giugno 1919.

Assai interessanti a questo riguardo i documenti presenti nell’archivio Berenini. Il ministro si muove decisamente in direzione di una educazione ‘’popolare’’. Pur nell’eccezionalità del momento politico (siamo all’ultimo anno di guerra, prima, all’indomani di Caporetto, poi, all’euforia per la vittoria e quindi all’inizio della crisi post- bellica con le recriminazioni montanti del paese sulla vittoria mutilata), Berenini riesce a portare a termine la riforma della scuola normale e un progetto di scambi culturali tra le nazioni di tutto il mondo. Non giunge a termine, nonostante gli sforzi, il progetto di una scuola popolare obbligatoria fino al 18esimo anno di età, nella quale insegnamento elementare e professionale, che si sarebbe svolto nelle officine, erano integrati l’uno all’altro. In quel  periodo entra anche in polemica con Giovanni Gentile che proponeva restrizioni per l’accesso alle scuole statali per preservarne il carattere elitario. Berenini si oppone, nella convinzione che lo Stato abbia il dovere di fornire ai cittadini un’istruzione secondaria; progetta anzi l’istituzione, accanto alle scuole classiche, di istituti a diverso indirizzo.

Le carte dell’archivio ci conducono anche attraverso l’attività parlamentare di Berenini, come membro, ad esempio, della commissione per la riforma dell’Amministrazione dello Stato, tema di grande attualità, o la riforma della legislazione penale militare. Ampiamente documentata è poi quell’attività relativa alle varie cariche rivestite da Berenini nel corso della sua lunghissima attività come uomo pubblico; interessanti le carte relative all’ordine Costantiniano o il ponderoso carteggio sul patronato provinciale per i figli dei contadini morti in guerra, da cui abbiamo tratto la citazione iniziale.

Forse l’aspetto meno documentato e assente anche nella citata pubblicazione del Comune di Fidenza è l’aspetto di Berenini amministratore locale, consigliere, sia comunale sia provinciale, e assessore municipale. Qui ci soccorrono il fondamentale lavoro di Carlotta Sorba e il più recente contributo di Stefano Magagnoli per le preziosissime indicazioni metodologiche e le suggestive ipotesi di lavoro. Tuttavia molto rimane da fare per quanto attiene l’operato specifico di Berenini in quanto entrambi i contributi si riferiscono ovviamente a tutta la classe dirigente locale, alla composizione, al ruolo, alle politiche.

Sarà quindi importante ‘’leggere’ a questo riguardo, le carte Berenini insieme con quanto contenuto nell’Archivio Storico Comunale. La puntuale ricerca sugli esordi dell’attività amministrativa di Berenini può riservare infatti piacevoli scoperte. Nel Novembre 1889, come più sopra accennato,  le elezioni amministrative avevano portato alla prima Amministrazione democratica di Mariotti, la quale non sarebbe durata che pochi mesi, fino all’estate successiva. Il radicale Berenini operò come Assessore all’istruzione, teatro e spettacoli e feste pubbliche. Riuscì in questa fase ad impostare solo alcuni interventi, dato il breve tempo a disposizione, quali l’introduzione dell’insegnamento della lingua francese nel ginnasio, o la concessione gratuita delle palestre alle alunne delle scuole operaie, o la creazione di luoghi di ricreazione per gli alunni dell’oltretorrente, o la difesa della dote teatrale (l’opposizione veniva dall’interno della stessa maggioranza) per la stagione d’opera del Teatro Regio. Più incisiva appare la sua azione nel secondo mandato amministrativo. Dopo due anni di sostanziale stasi dovuta alla presenza dei Commissari Regi, l’Amministrazione locale viene riconquistata nel 1893 dalle forze popolari guidate ancora da Giovanni Mariotti. Si apre un periodo di grande fervore, di grande attivismo amministrativo. ‘’Lavorare molto, parlare pochissimo’’ viene ripetendo Mariotti. Berenini è ora socialista e gli viene affidata di nuovo la Pubblica Istruzione. Di lui da apprezzare, ad esempio, il progetto delibera ‘’ di istruire in Parma un ricreatorio civile, destinato a raccogliere nei giorni festivi e in quegli altri che si crederà bene di stabilire, giovanetti, dagli 9 ai 16 anni, per intrattenerli in divertimenti ed esercizi pedagogici e ginnastici di carattere modernamente educativo e morale, a seconda dei regolamenti che verranno dall’uopo formati, e di dare a detto ricreatorio il nome di Giuseppe Garibaldi’’.

Ma lasciamo il Berenini amministratore locale, ancora in larga misura da scoprire, e percorrendo questo inventario, ci accorgiamo dell’ampiezza straordinaria dell’orizzonte in cui ha operato via via, il politico, il giurista, l’amministratore, il professore, il ministro…ma forse non riusciamo neppure ad arrivare ad una definizione precisa. Berenini è presente, e qui stava la sua forza e la sua statura politica e morale, nei rapporti sociali e istituzionali, con rara capacità di adesione ai problemi, di attenzione all’umanità presente in ciascuno.

Dobbiamo ringraziare la famiglia, la figlia Franca e il genero generale Giuseppe Calamani, che hanno consentito, con la loro donazione, di rendere pubblico il percorso umano, civile e politico di Agostino Berenini, facendoci personalmente scoprire, attraverso anche teneri ricordi familiari, gli aspetti meno noti della sua personalità. Dobbiamo ringraziarli anche per la loro pazienza nei confronti delle nostre lentezze nelle operazioni di riordino e di inventariazione. Un grazie anche all’allora Assessore alla Cultura Fiorenzo Sicuri che rese possibile, con il suo progetto relativo agli Archivi del Novecento, il recupero di alcuni importanti fondi documentari da collocare presso l’Archivio Storico Comunale.

  Valerio Cervetti


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